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mercoledì 4 aprile 2018

Gli arbitri e gli spogliatoi

Gli spogliatoi, quell'ambiente così segreto e riservato che, soprattutto per quanto concerne gli arbitri, sono veramente un luogo a dir poco segreto.
Soprattutto per chi come me, ha sempre arbitrato categorie inferiori o amatoriali, lo spogliatoio è spesso un vero e proprio rifugio dove passare in solitaria gli istanti prima del match e successivi alla conclusione della partita.
Ma oggi parliamo dello stato di salute medio di uno spogliatoio.
Già quelli riservati ai calciatori, solitamente, non brillano certo per bellezza, pulizia ed ordine.
Ma quello riservato agli arbitri, ve lo posso garantire, è solitamente il peggiore di tutti. In taluni campi si tratta di veri e propri buchi recuperati in un locale caldaia, in una cantina scalcinata o comunque in spazi angusti dove è impossibile muoversi e dove è avventuroso anche il farsi una doccia.
Difatti, fatto salvo casi eccezionali, tipo le partite estive sotto il caldo torrido, io è da anni che preferisco lavarmi poi a casa. Le possibilità di contrarre un qualunque tipo di fungo sono così alte che preferisco non rischiare. A tal proposito, consiglio a tutti i colleghi di controllare lo stato di incrostazione dei vari doccioni. Da lì, si evince facilmente quanta poca cura c'è nella pulizia degli stessi.
Ma il massimo, così come da foto che testimonia il fatto, è stato il caso della saponetta nera.
Probabilmente un residuo bellico appartenuto a chissà quale generazione di giacchette nere e lasciato lì a macerare, da almeno una quindicina di anni.
Ebbene, la saponetta nera, è proprio li a testimoniare ad ognuno di noi come certe cose non cambino mai. Il tempo, gli anni e le decadi passano, ma lo spogliatoio dell'arbitro resta comunque quell'ambiente sacro dove anche una candida saponetta ha tutto il tempo d'invecchiare, prendere colore e diventare così oggetto d'arredo e di culto di quell'antro sacro.
Amen saponetta.


martedì 6 marzo 2018

Quelli che non si presentano

Nel calcio federale è più difficile che capiti mentre, in quello amatoriale, soprattutto dopo la metà della stagione, capita spesso di dover assistere a questo triste teatrino.
Sia chiaro, nessuno è qui per giudicare anche perché, a volte, gli imprevisti sono veramente di natura seria.
Ma quando a farla da padrone diventa invece l'apatia e quella consapevolezza di non poter vincere mai, beh, il discorso è meno gradevole.

Non tanto per l'arbitro in se che, alla fine, riceve ugualmente la sua paghetta senza dover fare chissà quale sforzo ma soprattutto per gli avversari che, nonostante tutto, hanno sacrificato del loro tempo prezioso per poi ritrovarsi così, in uno spogliatoio a chiacchierare del più e del meno in attesa che i canonici minuti di attesa sanciscano il loro verdetto.

Ma se a non presentarsi è l'arbitro?

Beh, purtroppo capita anche questo. Imprevisti più o meno seri, anche in questo caso, succedono e bisogna far si d'essere sufficientemente organizzati a fronteggiarli.
A livello federale esistono veri e propri turni di copertura, un po' come la reperibilità su certi posti di lavoro.
Si viene bloccati per quel giorno, pur non avendo una specifica partita, ma si è consapevoli che se arriva la chiamata bisogna intervenire e non c'è possibilità di rinunciarvi.
A livello amatoriale è invece diverso. Il fatto d'avere spesso campi ravvicinati ed arbitri pronti a fronteggiare più di un match a serata, permette, nel caso, di spostare le pedine a disposizione del designatore (spesso arbitro anch'egli) così da colmare tutte le eventuali lacune della giornata.

In sostanza, se manca una squadra la partita non si gioca ma se manca un arbitro, qualcuno arriverà sicuramente a farvi giocare.

E questo, scusate, ma è per la nostra categoria più che un semplice vanto autoreferenziale. Per me, è la palese dimostrazione della passione e della professionalità che si cela dietro questa scelta di vita.