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mercoledì 11 novembre 2015

Parla solo il capitano...

Chi gioca da qualche decennio avrà sentito questa frase più d’una volta.
C’era un tempo infatti in cui noi giacchette nere eravamo giudici pressoché inattaccabili sul campo al punto da poterci permettere il lusso di zittire e censurare tutti coloro che non fossero il “capitano” appunto.
Ora, in verità non è mai stato realmente così ma era comunque un argomento in più al quale appellarsi nel caso di proteste o comportamenti spropositati.

Cos’è quindi cambiato nel corso degli anni?

 

Prima di tutto l’arbitro è diventato molto meno giudice e molto più essere umano.
Lo sviluppo della tecnologia così come la globalizzazione mediatica dello sport hanno portato ad un avanzamento tale per cui più o meno chiunque si sente nella posizione di poter giudicare senza troppi problemi una qualunque situazione di gioco.

Così l’arbitro si è trasformato.
Da maschera insindacabile è diventato prima diplomatico dialogatore fino a divenire vero e proprio psicologo sportivo votato allo spettacolo.
Basta vedere una qualunque partita di una qualunque serie sia essa professionistica o amatoriale. In tutti i casi vedrete uno o più giocatori colloquiare con l’arbitro (nei casi meno incandescenti) fino ad arrivare a vere e proprie proteste corali di massa.
Perciò non deve sembrare strano se uno stesso arbitro tende ormai ad interpretare la partita anche in virtù del momento.
Ci sono situazioni che non si possono discutere e sulle quali anche il regolamento è chiaro.
Ma ce ne sono molte altre che invece cambiano e di molto in base al momento della partita. Soprattutto sulle proteste.
Se un arbitro riesce ad essere più tollerante con il giocatore di una squadra che sta perdendo magari ingiustamente visti gli episodi, tende invece ad essere molto più pignolo se a protestare è un giocatore della società in vantaggio che sbraita per degli episodi marginali.

Questo, i giocatori, lo sanno?

A mio modesto parere assolutamente no. Soprattutto nei campionati amatoriali poi, dove i compagni di squadra si conoscono per modo di dire, tendono a far prevalere la loro naturale indole a prescindere dal momento. Così, i tanti frustrati che sfogano la loro frustrazione sui campetti amatoriali, tendono a protestare sempre e comunque anche se stanno stravincendo. Senza contare quelli che sembra scalpitino nella solo attesa di poter alzare un po’ le mani.

Ecco, su quest’ultimi io sono personalmente intollerante. Se nella tua vita reale hai dei problemi, evita di scendere in campo. Perché anche io, da arbitro, ho delle serate in cui penserei volentieri ai fatti miei. Ma anche in quelle sere cerco di metterci tutto l’impegno possibile nella speranza di rendere piacevole la serata e lo spettacolo.
E, come ho sempre sostenuto, il giorno che verrà meno questo spirito mi converrà pensare seriamente di smettere di arbitrare. Perché senza questa voglia di dare il meglio e se si hanno solo altri obiettivi, magari di tipo economico, si è veramente sbagliato tutto. E non c’è da stupirsi se poi le partite finiscono nel peggiore dei modi…

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