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venerdì 1 giugno 2012

Gli arbitri e gli altri arbitri...

Oggi vi racconterò dei rapporti che intercorrono tra gli arbitri.
Sin da subito è doveroso fare un distinguo. Da una parte abbiamo il rapporto all'interno delle sezioni e dello spogliatoio mentre, dall'altra, è il rapporto che si instaura tra arbitri ed arbitri-calciatori.

Ora, questa seconda figura non esiste ufficialmente a livello federale - a parte che nei tornei tra sezioni - mentre è abbastanza comune nei campionati amatoriali.
Partiamo dal primo filone.



I primi rapporti che si instaurano all'interno della sezione sono, solitamente, con i colleghi di corso. L'età e le provenienze sono le più disparate. Questi primi rapporti sono anche quelli più duraturi dato che si crea una sorta di piccolo gruppo di appartenenza che finisce per identificare inevitabilmente ogni arbitro proprio di quel corso.
Il momento clou è l'esame finale dove, nonostante le rassicurazioni, un po' di tensione c'è sempre.
Nella mia esperienza personale poi ho avuto la fortuna di vivere sia l'ambiente di una sezione di "provincia" che quello di una sezione "nazionale" con arbitri e assistenti di serie A.
La prima è una sorta di "piccola famiglia" dove tutti si conoscono e dove si entra, spesso, proprio su suggerimento di qualche iscritto. Alla fine conosci tutti e capita spesso e volentieri di fare "visita" alla sezione come se fosse un po' il "bar" del paese nel quale fare una capatina di tanto in tanto oltre alle riunioni obbligatorie. A queste riunioni poi, quando già si palesa il responsabile regionale, bisogna dare il meglio di se perché è la figura più importante che si può affacciare.
Le sezioni nazionali invece, a partire dal luogo e dagli arredi della stessa, sono decisamente più istituzionali. Denotano sin da subito senso di "rispetto" e "professionalità" e danno quell'idea di essere veramente entrati in contatto con una realtà importante.
Per non parlare delle riunioni obbligatorie. Qui non si tratta di organizzare uno sparuto gruppo di una cinquantina di persone. Qui si tratta di organizzare una vera e propria riunione dove, l'ospite, è un allenatore di serie A o, comunque, un esponente del più alto livello possibile.
Così, se nella sezione provinciale è più facile conoscere tutti, nella sezione nazionale la logica del "gruppo" finisce per essere decisamente più importante. Raramente ci si mischia tra "generazioni di arbitri diversi" e questi microcosmi si siedono gli uni vicini agli altri ad ascoltare cose trite e ritrite che, comunque, bisogna ricordare di tanto in tanto.
Se nella sezione provinciale vedersi è una bella abitudine, in quella nazionale la riunione è l'occasione ideale per rivedersi dopo un bel po' di tempo, raccontare cosa si è fatto, capire dove si è arrivati come vecchi amici che si ritrovano in vacanza dopo un anno passato a lavorare a chilometri di distanza.
A livello amatoriale poi, la cosa è piuttosto simile. Tanto più è piccola e locale la federazione tanto più c'è questo spirito "provinciale"; tanto più invece la sigla amatoriale è importante e conosciuta e tanto più il rapporto si fa istituzionale e burocratico.
Questo per ciò che concerne il mero aspetto sociale.

Veniamo invece al rapporto tra arbitri ed arbitri-calciatori. Lettori, vi assicuro che non è facile. Finora vi ho parlato dei calciatori, dei genitori e di altri aspetti ma vi posso garantire che non c'è niente di più difficile che arbitrare un "collega". È terribile. I colleghi-calciatori spesso sono le persone più incarognite del mondo. Quando giocano prendono il peggio di ambedue i ruoli e lo mettono in campo. Dalla presunzione e supponenza d'essere il miglior calciatore del mondo alla frustrazione totale di fare anche l'arbitro e di essere quindi l'unico sulla faccia della terra a conoscere a menadito il regolamento.
Se in una normale partita amatoriale che si incanala su un risultato certo, si può anche soprassedere su alcuni dettagli (come il battere il calcio d'inizio in avanti o il pallone fermo sulla rimessa del portiere) beh, quando c'è il collega-calciatore in campo NON si può. Soprattutto se sta perdendo. Peggio ancora se sta perdendo nove o dieci a zero; non perderà infatti occasione per ricordarti che sei posizionato male, che la regola non dice così, che non hai in pugno la partita e via discorrendo.
Ma il peggio, ve lo posso garantire, capita in una partita in cui, in campo, ci sono SOLO arbitri-calciatori.
Succede infatti che durante i raduni nazionali si organizzino delle partite tra arbitri delle diverse sezioni. In campo, per ogni partita, scendono quindi 22 (più i dirigenti anziani) teste di cazzo. Passatemi la parolaccia, perché è doverosa. Se alcuni di loro, infatti, riescono anche a mantenere una certa umiltà circa le limitate abilità tecniche nessuno invece si tira indietro per dare la propria opinione su ogni sacrosanto fallo fischiato, su ogni sacrosanta decisione, su ogni sacrosanta segnalazione.
È allucinante. Tutti pensano di avere il diritto di dire la loro e non è raro poi, che dalle parole, si finisca anche ai fatti. Perché non solo vige un clima di presunzione ma vi è anche un clima di "campanilismo" che fa pensare che per davvero esista una sezione "migliore" dell'altra.
Poveri illusi..mentre voi siete lì a giocarvi chi è il migliore, i veri arbitri stanno ad allenarsi per una nuova ed impegnativa stagione; e nessuno di voi lo ha ancora capito...

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