Premetto
che non vado particolarmente fiero di ciò che scriverò oggi ma è
altresì vero che si tratta di un’esperienza di vita vissuta e, in quanto
tale, spero che condividendola
possa in qualche modo essere d’aiuto a chi la leggerà.
Chi
fa attività nel tempo libero e, soprattutto nei fine settimana, sa
perfettamente che questo porta spesso a dover fare alcuni sacrifici e
rinunce. Soprattutto nell’ambito
sportivo.
Quanti
venerdì e sabati sera ci si è dovuti ritirare prima perché il giorno
successivo ci sarebbe stato un appuntamento importante?
Ecco,
capitava anche al sottoscritto ed a tutti gli arbitri in generale.
Avere una partita alle ore 8:00 della Domenica mattina significa
irrimediabilmente
bruciarsi un sabato sera con gli amici e perdere poi l’intera Domenica soprattutto se il campo non è dei più vicini.
Per
anni ho sempre fatto in modo che gli impegni si conciliassero e, devo
dire, sono sempre riuscito a far quadrare tutto senza ripercussioni.
Non
quel sabato però. Nonostante la designazione fosse arrivata con il
solito anticipo, lo stesso anticipo c’era stato anche per una festa di
compleanno di un mio amico.
Così,
a vent’anni, decidere cosa è davvero prioritario e cosa no non è così
facile e, anzi, è molto più facile pensare da spacconi convinti che si
possa fare tutto nel miglior
modo possibile.
Presi
quindi proprio questa decisione. Anche se la partita era alle 8:00
della Domenica, non troppo distante da dove abitavo ed il compleanno era
il sabato sera in una discoteca
a novanta chilometri di distanza circa, decisi di ottemperare ad
entrambi gli impegni.
Fino
al compleanno ci sarei andato con un amico, avremmo fatto serata (e
mattina assieme) e mi avrebbe poi accompagnato lui al campo (essendo,
all’epoca, sprovvisto di mezzo
proprio). Finita la partita sarei tornato, come al solito, con i mezzi
pubblici.
La
serata scivolò via e fu piuttosto divertente e movimentata. Ripartimmo
da lì che erano le sei del mattino e senza rinunciare ad una colazione
in un bar lì vicino.
Arrivai
al campo puntuale, intorno poco prima delle sette ma non certo al
massimo della condizione fisica. Anzi, nonostante bevande energetiche e
caffè vari, la stanchezza
c’era e si faceva sentire.
Ricordo
che poggiai il borsone sulla classica panchina di legno da spogliatoio,
posai la testa sopra, tipo cuscino e poi fu letteralmente il vuoto.
In meno di cinque secondi mi ero praticamente addormentato su quella panchina come il peggiore dei narcolettici.
A svegliarmi fu qualcuno fuori dallo spogliatoio che cominciò a bussare.
Quando aprii gli occhi, ricordo perfettamente che erano le sette e venti del mattino.
Avevo dormito per venti minuti senza neanche accorgermene.
Fu
in quell’istante che capii d’aver fatto veramente una follia. Se la
fuori c’era già un dirigente di una delle due società, come potevo
presentarmi in quel campo?
Come sarebbe finita quella partita con il sottoscritto in quelle condizioni?
Quando aprii, mi si presentò un collega.
Si, proprio un collega designato anch’esso per la stessa partita.
Non ci volevo credere.
Anche perché arbitravo già da quattro anni e mai m’era capitata una situazione del genere.
Entrambi
con la designazione in mano decidemmo di chiamare la sezione per capire
come comportarci ma, dentro di me, covavo sempre più la speranza che mi
mandassero a casa.
Ero stanco, fisicamente messo male ed avrei sicuramente fatto una
partita pessima in quelle condizioni.
Dalla sezione si scusarono dicendo che c’era stato un errore e che per quella partita era stato designato il collega.
Non mi passò neanche per l’anticamera del cervello di protestare.
Anzi,
dal mio punto di vista, quella Domenica, capitò quasi una specie di
miracolo perché non ero davvero nelle condizioni di reggere uno sforzo
del genere.
Presi
la borsa, salutai il collega, presi il primo mezzo (sul quale mi
addormentai di nuovo…) fino ad arrivare, finalmente, a casa.
Non ebbi nemmeno la forza di svestirmi.
Così com’ero, mi lasciai cadere sul letto per risvegliarmi solo nel tardo pomeriggio.
Ammetto
che dopo questo miracolo decisi di non sfidare più la sorte. Capii che
arbitrare è comunque un impegno che va seguito seriamente visto che
nessuno ti obbliga a farlo.
E, solo per mia fortuna, quella Domenica, riuscii ad evitare quella che
sarebbe sicuramente stata la mia peggiore prestazione di sempre.
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