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giovedì 22 marzo 2012

Insulti, botte e risse... (2)

Come già vi ho accennato nel precedente post, non sono stati molti gli episodi violenti che mi hanno visto direttamente coinvolto. Qualcuno c'è stato, come già scritto.

Uno solo che ha gravato sulla mia persona fisica mentre, l'altro che vi racconterò stasera, riguarda la partita che ho arbitrato ma che con me, come persona, ha avuto, per fortuna, poco a che fare.
Era una partita di seconda categoria, mese di maggio.
Io non mi informo mai né di classifiche, né di altre cose circa le squadre che vado ad arbitrare. Ho sempre pensato di avere questa grande fortuna di non essere condizionato e, perciò, di poter arbitrare per davvero, sin da subito, con la mente sgombra di inconsce parzialità.
La partita, nell'arco dei suoi novanta minuti, mi era sembrata tutto sommato tranquilla. Eppure, già dalla fine del primo tempo, l'aria tra le due squadre s'era fatta parecchio frizzante.
Quando si arbitra non ci si riesce a concentrare su tante cose diverse e, solo durante l'intervallo, m'ero reso conto che già tra le tifoserie (o, meglio, lo sparuto gruppo di folli che la domenica mattina si alza per venire ad incitare questi novelli calciatori) vi erano dei battibecchi a distanza.
La cosa più strana di tutto il secondo tempo furono le remore con le quali i giocatori protestavano nei miei confronti. Ora, avere a che fare con tesserati educati è sempre un piacere ma, chi fa l'arbitro di calcio lo sa, anche nelle migliori delle partite c'è sempre una deviazione, un calcio d'angolo, una spinta, insomma, un qualcosa, che scatena una protesta anche se garbata e gentile.
In quella partita no. Non ci furono neanche scontri energici, mugugni, rivendicazioni e via discorrendo.
Terminato il recupero e fischiata la fine, però, ebbi solo ed esclusivamente il tempo di girarmi che un signore mi prese per il braccio e mi portò dentro lo spogliatoio dicendomi: «sono un osservatore, non ti preoccupare».
Quando mi rigirai prima di varcare la porta dello spogliatoio non ebbi il tempo di capire nulla. Nei pressi dell'ingresso sul terreno di gioco, almeno una ventina di persone miste tra giocatori e gente esterna se le stava dando di santa ragione. Una vera e propria rissa come mai m'era capitato di vedere fino a quel momento. Risse così violente che dovettero intervenire due pattuglie dei carabinieri al fine di placare gli animi e far sì che l'ordine si ristabilisse.
Durante tutto questo tempo, io e l'osservatore arbitrale, rimanemmo chiusi nello spogliatoio ad attendere. Lui mi domandò subito dopo essere entrati: «hai per caso visto qualcosa?»
«No, c'era troppo casino», gli risposi
«Fammi vedere il taccuino. Ok, gol esatti, ammoniti esatti. Beh, aspettiamo che finiscano e poi usciamo quasi verso gli ultimi. Fatti la doccia intanto così ti dico in cosa puoi migliorare...».
Anche lui mi disse più o meno le stesse cose che mi dicevano tutti gli altri osservatori. Fai più attenzione sul gioco pericoloso, se è il caso fischia anche un po' di più, non dimenticarti mai di dare sempre un'occhiata alle panchine perché in qualche occasione si sono permessi un po' troppe cose non regolari. Nel complesso, comunque, una buona partita. Poi aggiunse: «per quanto riguarda la rissa non ti preoccupare. Se le erano promesse dalla partita d'andata. Hanno mandato anche me qui, oggi, di proposito. E non è un caso che una delle due pattuglie fosse già fuori ad aspettare...».
Da un lato, tutto ciò, mi consolò. In fondo, io, avevo fatto la mia normale partita. Anzi, stando i fatti, ero anche riuscite a non far emergere quelle ruggini nascoste durante ma soltanto alla fine quando, ormai, io potevo fare ben poco.
Mi asciugai, uscii insieme all'osservatore, lui prese la strada col suo motorino, io mi misi ad aspettare l'autobus. 
Un'altra partita se n'era andata. 

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