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venerdì 16 marzo 2012

La mia prima partita

Come accennato nel precedente post, quest'oggi, vi racconterò invece della mia prima partita ufficiale in FIGC. Una partita della categoria giovanissimi provinciali nel paese vicino a quello dove abitavo.
Ad aspettarmi c'era un arbitro più esperto che aveva anche incarichi di segreteria nella sezione che mi illustrò tutta quella parte 'burocratica' che non viene spiegata prima né al corso, né all'interno dei manuali.
Difatti, un buon arbitro, lo si riconosce sin dai primi istanti della sua presenza sul campo. Già arrivare in orario e in maniera acconcia da una buona prima impressione. Fondamentale però è l'affabilità e la serietà con i quali si compiono i primi gesti 'burocratici' appunto. 
Attendere le distinte e i documenti nello spogliatoio è già un buon segnale. Così come diventa fondamentale far accelerare quest'operazione quando, i tempi, diventano troppo stretti. 
Ammetto che ora, a livello amatoriale, queste procedure sono decisamente meno cerimoniose e molto più formali ma restano comunque indispensabili per non trovarsi poi, impreparati, a fine match.
Il mio mentore mi illustrò quindi come effettuare il controllo dei documenti, si rassicurò del fatto che afferrassi l'importanza di fare tutto ciò e mi mandò, dentro gli spogliatoi, a fare l'appello.
Da quel momento decisi io, poi, come comportarmi.
In FIGC optai per far leggere la distinta al capitano e io controllare i documenti. Da quando sono approdato nel calcio amatoriale è, francamente, assurdo agire in questa maniera. L'ambiente è decisamente più familiare e, anche la fase dell'appello, è opportuno farla in maniera seria ma anche un po' più informale.
Quella prima volta però lessi io la distinta mentre, con l'altra mano, tenevo i documenti. Era evidente sin da subito che era la mia prima partita. Se ne accorsero immediatamente gli allenatori, vedendomi impacciato. Comunque me la cavai senza sbagliare i cognomi, cosa non da poco, avvantaggiato anche dal fatto che non ci fossero giocatori stranieri nelle due squadre.
Fu proprio quando ne incontrai uno che optai per la scelta descritta sopra. Per evitare di fare brutte figure, soprattutto con i cognomi stranieri, preferii far leggere le distinte al capitano così da manlevarmi dall'incombenza.
Col passare del tempo, devo ammettere, si rivelò una scelta azzeccata. Dava sin da subito un senso di professionalità e, soprattutto, guardare negli occhi (soprattutto i ragazzini) i giocatori durante l'appello incuteva quel timore reverenziale che credo sia doveroso dare, soprattutto all'inizio, per non commettere passi falsi sin da subito.
Ma torniamo alla prima partita. 
Ci preparammo per l'ingresso in campo. Prima controllai per bene tutto il campo, le porte, la rete delle porte, le bandierine del calcio d'angolo e tutto pareva in ordine. Ci schierammo al centro del campo, posai il pallone sul dischetto, feci il sorteggio con una 100 Lire di quelle grandi e, dopo essermi accertato che i portieri fossero pronti fischiai l'inizio.
Perfetto?
No, ovviamente!
Provate a scovare l'errore. Beh, io me ne accorsi dopo, stimai, venti minuti dopo. M'ero dimenticato di far partire il cronometro. 
I tempi dovevano essere di trenta minuti cadauno. Pertanto, mi apprestai a farlo partire e, dopo tredici minuti, fischiai la fine del primo tempo. Nessuno mi disse niente, per fortuna. Forse perché nessuno aveva tenuto il tempo, mi rinfrancai.
Lo stesso arbitro che mi aveva accompagnato, per questa mia prima partita, non mi disse nulla. Il che mi consolò.
Al fischio d'inizio del secondo tempo mi rassicurai d'aver fatto partire il cronometro. Devo dire che, questo 'errore', ancora lo porto dietro. Un osservatore me lo disse anche una volta: «Perché guardi così tante volte l'orologio? Sembra che hai fretta di finire...». La verità è che fu così forte lo 'shock' in quella prima occasione che, da allora, vivo sempre col timore di ripeterlo. Non a caso infatti, di errori ne ho commessi poi parecchi ma mai più m'è capitato di non far partire l'orologio.
Non ricordo come finii la partita sinceramente. Ricordo solo che il mio arbitro tutor si complimentò, mi disse di prestare più attenzione alle spinte e ai giochi pericolosi e, di non aver paura a tirare fuori i cartellini laddove potessero servire. Mi disse di aspettare nello spogliatoio per la riconsegna dei documenti e, di portarli io, solo se nessuno si fosse fatto vivo durante il tempo che passa dal rientro allo spogliatoio al "dopo-doccia".
I dirigenti arrivarono di lì a poco. Nessuno si lamentò "più di tanto". Questo lo ricordo. In fondo non era andata così male. Io, a parte la cavolata dell'orologio, ero felice. Il mio esordio era passato. Ora ero, per davvero, un arbitro di calcio.   

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