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martedì 24 aprile 2012

Gli arbitri e gli amici...

Quest'oggi vi racconterò di alcuni tipi di arbitraggi rari ma possibili in ogni carriera arbitrale. Io mi concentrerò su quelli accaduti al sottoscritto.
Si tratta di arbitrare amici o, comunque, conoscenti che possono essere compagni di scuola o di lavoro, amici del gruppo che si frequenta e via discorrendo.
Come già accennato, si tratta di situazioni rare che, però, tutti gli arbitri sono costretti ad affrontare prima o poi.
Com'è meglio comportarsi?

Difficile dare una risposta univoca e precisa a questa domanda. Pertanto mi limiterò a raccontarvi del mio personale approccio a riguardo delle mie elucubrazioni mentali.
In primis è doveroso distinguere tra "amici amici" e semplici conoscenti.
Con i primi cercare di risultare effettivamente imparziale è, francamente, impossibile per tutta una moltitudine di logici e semplici motivi.
Un "amico amico", solitamente, lo si conosce sufficientemente bene da "giustificare" eventuali suoi comportamenti al di sopra delle righe così come si tende istintivamente a tutelarlo da ripetuti attacchi avversari. È stato inevitabile, almeno per me, non comportarmi così nell'unica occasione avuta in carriera finora. Anzi, entrando nello specifico, ho finito per espellere un avversario del mio amico amico durante un contrasto in cui, come confermato da lui stesso a distanza di anni, aveva più ragione l'avversario. Infatti entrambi saltarono col gomito alto su un pallone. Il mio amico rimase "sotto" e, appunto, colpì con una gomitata l'avversario simulando, nella caduta, d'essere stato a sua volta anche lui colpito.
Insomma, situazione non troppo delicata nella quale, l'inesperienza ma anche la particolarità del caso, hanno fatto prevalere nel sottoscritto l'istinto di tutela piuttosto che l'effettiva sanzione. Un cartellino giallo ad entrambi e, forse, avrei evitato di "rovinare" la partita al malcapitato di turno.
Il caso dei conoscenti risulta, invece, diverso. C'è sempre un'attenzione particolare ma questa, nel mio caso, era principalmente rivolta alla figura che io, come arbitro, stavo facendo.
Avere occhi noti ad osservare il mio comportamento scatenava in me tutta una serie di puntigliosità tipiche degli arbitri esibizionisti (e anche un po' spocchiosi) con il solo timore di rischiare di passare per un arbitro "troppo buono" con tutto ciò che questa voce può far conseguire.
Diciamo che se da arbitro si diventa "sceriffi", la figura sarà altrettanto pessima con il rischio di rovinare per davvero la giornata di chi scende in campo.
In conclusione mi permetto di dire che non c'è cosa migliore che arbitrare degli emeriti sconosciuti in paesi altrettanto ignoti. 
Questa è sicuramente la miglior base mentale con la quale iniziare un match con la consapevolezza d'essere lì, su quel campo, per svolgere un ruolo VERAMENTE imparziale.

Grazie!

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