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lunedì 16 aprile 2012

Gli arbitri e i genitori...

Se prendete un qualunque arbitro di una qualunque disciplina sportiva e gli chiedete quali sono i soggetti che più interferiscono nel suo operato, beh, sono certo che al 99% vi risponderà: «i genitori».

In effetti, questa particolare categoria di soggetti, è spesso protagonista degli episodi più curiosi ma anche di quelli più spiacevoli sui campi di calcio e non solo...
La peggiore situazione in assoluto è quella della duplice figura genitore/allenatore o dirigente.
L'imparzialità del soggetto, vedendo giocare il figlio, raggiunge dei livelli ineguagliabili soprattutto nel caso genitore/dirigente. Nel caso genitore/allenatore devo ammettere d'essere stato in innumerevoli occasioni abbastanza fortunato. Probabilmente, il fatto che un allenatore un po' mastichi di calcio lo mette nelle condizioni di giudicare gli episodi con un occhio più realista. Quando invece la figura è quella del dirigente (e peggio ancora di quello che mette i soldi per la società e non capisce niente o quasi di calcio) la questione comincia a farsi complicata.
Non ci sarà episodio nel quale è coinvolto il figlio che sarà esente da proteste di ogni tipo anche assurde.
Se non si fischiano i falli, apriti cielo; se si fischiano, perché non si sono tirati fuori i cartellini; se si fischiano e si tirano fuori i cartellini, perché non li hai tirati fuori prima che il figlio rischiasse di farsi male.
Insomma, non c'è via di fuga. La protesta sembra quasi una legge pronta a scatenarsi ad ogni occasione.
Dopo questa categoria duplice metterei le mamme.
Ogni domenica, un esercito di dolci mammine, si reca sui più disparati campi di calcio italiani con un solo obiettivo: "spaccare le balle".
Al novanta per cento di questi soggetti non frega niente della partita. Anzi, probabilmente, non frega niente neanche dello sport. Se poi, queste mamme, fanno "comunella" in due-tre assieme è letteralmente la fine.
Qui non si tratta di misoginia spiccia. Il vero problema è che statisticamente parlando, le mamme, sono quelle che masticano meno di calcio e, proprio in virtù di ciò, aizzano proteste per le cose più assurde ignorando completamente il regolamento del gioco del calcio.
Di solito le proteste iniziano ancora prima della partita: "quanto è brutto questo posto, come sono brutti i posti a sedere, quanto ci hanno fatto pagare caro, non c'è neanche un bar, non c'è neanche un bagno e via discorrendo...".
Durante la partita, poi, è un continuo lamentarsi. E, se mentre i tifosi standard tendono a insultare l'arbitro ma anche gli avversari beh, le mamme, si concentrano solo ed esclusivamente sull'arbitro. Se un avversario fa qualcosa di sbagliato la colpa è dell'arbitro che glielo ha permesso.
Diciamo che sto in parte 'drammatizzando' il ruolo di questi personaggi ma vi garantisco che, in tutta la mia carriera, la maggior parte degli insulti li ho ricevuti proprio da questa categoria: le mamme.
Si ostinano, al punto che ci sono stati casi di mamme che mi "seguivano" nell'arco della partita facendo avanti e indietro lungo la recinzione del campo con  il semplice ed unico scopo di assicurarsi che l'insulto arrivasse forte e chiaro al mio orecchio.
Alla fine della partita avevano letteralmente scavato un solco tra la recinzione del campo e la tribuna tanto avevano camminato per seguirmi.
Battute a parte, diciamo che le madri si possono generalmente dividere quindi in due categorie. Quelle esagitate e quelle non.
Cosa che non è possibile però fare con i padri. 
Per i papà infatti è necessario fare delle distinzioni meno generali per inquadrare le principali categorie che vengono negli stadi d'Italia ad osservare i propri figli.
Anche in questo caso è possibile fare la distinzione tra esagitati e non ma, tra gli esagitati, possiamo provare a distinguere: il padre-tifoso, il padre-allenatore e il padre-frustrato (spesso anche ex-calciatore di medio livello).


Il padre-tifoso
Questo è a tutti gli effetti il più esagitato di tutti. Non riesce a distinguere tra partite amatoriali e partite di serie A. Per lui, essere tra gli ultrà della squadra del cuore o essere la domenica mattina nel più remoto campo della provincia non importa. Potesse, si straccerebbe la maglia anche qui, salirebbe sulla balaustra a cantare così che possano intimidire chiunque. La caratteristica principale che lo rende tale è la quasi totale afonia di fine partita. Il vero padre-tifoso infatti, se la partita non è andata come voleva lui, finirà per insultare l'arbitro, gli avversari o i tifosi avversari pur essendo consapevole che nessuno è in grado più di capire quello che dice essendo rimasto completamente senza voce. Raramente sono pericolosi...fintanto che non sono ubriachi come ho descritto in qualche capitolo precedente


Il padre-allenatore
Questo soggetto invece, laddove non riesce ad esprimere il proprio potenziale su una vera panchina, passa le proprie domeniche ad urlare, da bordocampo, qualunque cosa gli passi per la testa. Lancia, dribbla, dietro, destra, uomo, via, salta, ecc...; tutti una serie di imperativi che, alla fine, anziché aiutare finiscono inevitabilmente per destabilizzare il gioco della squadra che segue. Ora, capitolo a parte meriterebbero le indicazioni in dialetto ma, molto probabilmente, sarà un mio personale divertimento dedicare un post a parte perché c'è veramente da divertirsi.
S'immedesima a tal punto nei panni dell'allenatore che, in alcune occasioni, dovrebbe essere consentito di estrarre un cartellino rosso anche nei loro confronti. Una bella squalifica, in certi casi, farebbe più che bene...


Il padre-frustrato
Questo è il peggiore, non tanto per l'arbitro ma per il figlio che si vede sobbarcato di responsabilità che non gli competono. Il padre-frustrato si contraddistingue dal fatto che da indicazioni solo ed esclusivamente al figlio ignorando che, nel calcio, si gioca principalmente in undici e che non basta un fenomeno per far girare la squadra. Ma a lui non importa. A lui importa solo che al figlio passino la palla, che il figlio scarti tutti e possa tirare fino a fare goal. Se la DEVE passare è solo perché il compagno faccia un uno-due che metta il figlio in porta. Non esiste che faccia assist. Non è un caso infatti che i figli dei padri-frustrati siano sempre gli attaccanti. Incredibile. Solo raramente ho visto qualche figlio portiere ma mai un difensore, un terzino o un giocatore comunque difensivo. 
Sarebbe una cosa da analizzare sul serio perché, secondo me, ci dev'essere per forza una connessione che va oltre la mera statistica.

In conclusione però possiamo dire che una cosa accomuna più o meno la maggioranza dei genitori esagitati: i figli, i propri figli, sono sempre i migliori. E, consentitemi, è giusto che sia così.

Per stasera è tutto. 
Grazie a tutti i numerosi lettori di questi mesi!


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