Se prendete un qualunque arbitro di una qualunque
disciplina sportiva e gli chiedete quali sono i soggetti che più
interferiscono nel suo operato, beh, sono certo che al 99% vi
risponderà: «i genitori».
In effetti, questa particolare categoria di
soggetti, è spesso protagonista degli episodi più curiosi ma anche
di quelli più spiacevoli sui campi di calcio e non solo...
L'imparzialità del soggetto, vedendo giocare il
figlio, raggiunge dei livelli ineguagliabili soprattutto nel caso
genitore/dirigente. Nel caso genitore/allenatore devo ammettere
d'essere stato in innumerevoli occasioni abbastanza fortunato.
Probabilmente, il fatto che un allenatore un po' mastichi di calcio
lo mette nelle condizioni di giudicare gli episodi con un occhio più
realista. Quando invece la figura è quella del dirigente (e peggio
ancora di quello che mette i soldi per la società e non capisce
niente o quasi di calcio) la questione comincia a farsi complicata.
Non ci sarà episodio nel quale è coinvolto il
figlio che sarà esente da proteste di ogni tipo anche assurde.
Se non si fischiano i falli, apriti cielo; se si
fischiano, perché non si sono tirati fuori i cartellini; se si
fischiano e si tirano fuori i cartellini, perché non li hai tirati
fuori prima che il figlio rischiasse di farsi male.
Insomma, non c'è via di fuga. La protesta sembra
quasi una legge pronta a scatenarsi ad ogni occasione.
Dopo questa categoria duplice metterei le mamme.
Ogni domenica, un esercito di dolci mammine, si reca
sui più disparati campi di calcio italiani con un solo obiettivo:
"spaccare le balle".
Al novanta per cento di questi soggetti non frega
niente della partita. Anzi, probabilmente, non frega niente neanche
dello sport. Se poi, queste mamme, fanno "comunella" in
due-tre assieme è letteralmente la fine.
Qui non si tratta di misoginia spiccia. Il vero
problema è che statisticamente parlando, le mamme, sono quelle che
masticano meno di calcio e, proprio in virtù di ciò, aizzano
proteste per le cose più assurde ignorando completamente il
regolamento del gioco del calcio.
Di solito le proteste iniziano ancora prima della
partita: "quanto è brutto questo posto, come sono brutti i
posti a sedere, quanto ci hanno fatto pagare caro, non c'è neanche
un bar, non c'è neanche un bagno e via discorrendo...".
Durante la partita, poi, è un continuo lamentarsi.
E, se mentre i tifosi standard tendono a insultare l'arbitro ma anche
gli avversari beh, le mamme, si concentrano solo ed esclusivamente
sull'arbitro. Se un avversario fa qualcosa di sbagliato la colpa è
dell'arbitro che glielo ha permesso.
Diciamo che sto in parte 'drammatizzando' il ruolo
di questi personaggi ma vi garantisco che, in tutta la mia carriera,
la maggior parte degli insulti li ho ricevuti proprio da questa
categoria: le mamme.
Si ostinano, al punto che ci sono stati casi di
mamme che mi "seguivano" nell'arco della partita facendo
avanti e indietro lungo la recinzione del campo con il semplice
ed unico scopo di assicurarsi che l'insulto arrivasse forte e chiaro
al mio orecchio.
Alla fine della partita avevano letteralmente
scavato un solco tra la recinzione del campo e la tribuna tanto
avevano camminato per seguirmi.
Battute a parte, diciamo che le madri si possono
generalmente dividere quindi in due categorie. Quelle esagitate e
quelle non.
Cosa che non è possibile però fare con i padri.
Per i papà infatti è necessario fare delle
distinzioni meno generali per inquadrare le principali categorie che
vengono negli stadi d'Italia ad osservare i propri figli.
Anche in questo caso è possibile fare la
distinzione tra esagitati e non ma, tra gli esagitati, possiamo
provare a distinguere: il padre-tifoso, il padre-allenatore e il
padre-frustrato (spesso anche ex-calciatore di medio livello).
Il padre-tifoso
Questo è a tutti gli effetti il più esagitato di
tutti. Non riesce a distinguere tra partite amatoriali e partite di
serie A. Per lui, essere tra gli ultrà della squadra del cuore o
essere la domenica mattina nel più remoto campo della provincia non
importa. Potesse, si straccerebbe la maglia anche qui, salirebbe
sulla balaustra a cantare così che possano intimidire chiunque. La
caratteristica principale che lo rende tale è la quasi totale afonia
di fine partita. Il vero padre-tifoso infatti, se la partita non è
andata come voleva lui, finirà per insultare l'arbitro, gli
avversari o i tifosi avversari pur essendo consapevole che nessuno è
in grado più di capire quello che dice essendo rimasto completamente
senza voce. Raramente sono pericolosi...fintanto che non sono
ubriachi come ho descritto in qualche capitolo precedente
Il padre-allenatore
Questo soggetto invece, laddove non riesce ad
esprimere il proprio potenziale su una vera panchina, passa le
proprie domeniche ad urlare, da bordocampo, qualunque cosa gli passi
per la testa. Lancia, dribbla, dietro, destra, uomo, via, salta,
ecc...; tutti una serie di imperativi che, alla fine, anziché
aiutare finiscono inevitabilmente per destabilizzare il gioco della
squadra che segue. Ora, capitolo a parte meriterebbero le indicazioni
in dialetto ma, molto probabilmente, sarà un mio personale
divertimento dedicare un post a parte perché c'è veramente da
divertirsi.
S'immedesima a tal punto nei panni dell'allenatore
che, in alcune occasioni, dovrebbe essere consentito di estrarre un
cartellino rosso anche nei loro confronti. Una bella squalifica, in
certi casi, farebbe più che bene...
Il padre-frustrato
Questo è il peggiore, non tanto per l'arbitro ma
per il figlio che si vede sobbarcato di responsabilità che non gli
competono. Il padre-frustrato si contraddistingue dal fatto che da
indicazioni solo ed esclusivamente al figlio ignorando che, nel
calcio, si gioca principalmente in undici e che non basta un fenomeno
per far girare la squadra. Ma a lui non importa. A lui importa solo
che al figlio passino la palla, che il figlio scarti tutti e possa
tirare fino a fare goal. Se la DEVE passare è solo perché il
compagno faccia un uno-due che metta il figlio in porta. Non esiste
che faccia assist. Non è un caso infatti che i figli dei
padri-frustrati siano sempre gli attaccanti. Incredibile. Solo
raramente ho visto qualche figlio portiere ma mai un difensore, un
terzino o un giocatore comunque difensivo.
Sarebbe una cosa da analizzare sul serio perché,
secondo me, ci dev'essere per forza una connessione che va oltre la
mera statistica.
In conclusione però possiamo dire che una cosa accomuna più o meno la maggioranza dei genitori esagitati: i figli, i propri figli, sono sempre i migliori. E, consentitemi, è giusto che sia così.
Per stasera è tutto.
Grazie a tutti i numerosi lettori di questi mesi!
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